Strategie di comunicazione nella pubblicità a Stampa del Novecento

Strategia di Comunicazione

Le pubblicità all’interno delle riviste del Novecento, presentano una varietà di approcci comunicativi e una diversificazione nelle modalità di presentazione del messaggio pubblicitario.

Sono presenti annunci con esclusivamente il nome dell’azienda o con semplici dettagli di contorno, altri che incorporano l’immagine del prodotto; alcune pubblicità si basano principalmente sul testo, affidando il messaggio alle parole, in altre, invece, il testo è ridotto al minimo, lasciando uno spazio maggiore alle immagini.

Rimane sempre il logo dell’azienda, i cui caratteri diventano essi stessi elementi grafici che accompagnano il prodotto. L’utilizzo di pubblicità con la prevalenza di immagini lascia spazio all’interpretazione individuale del lettore, permettendo al messaggio pubblicitario di adattarsi alle varie sensibilità e agli immaginari delle diverse tipologie di clienti e puntando sul potere evocativo delle immagini.

L’impatto del nome come icona distintiva

Gli annunci pubblicitari sono dei manifesti di identità aziendale, concepiti per presentare il marchio in modo diretto e incisivo. Molti dei manifesti presenti nella rivista sono caratterizzati da un’estrema semplicità, con esclusivamente il nome dell’azienda, talvolta accompagnato da minimi dettagli come l’indicazione della tipologia di prodotto offerta o un semplice disegno che lo rappresenta. Spesso questi annunci sono posizionati anche a piè di pagina, occupando meno spazio, ma garantendo sempre la loro presenza e visibilità. Sebbene possano sembrare semplici, questi manifesti sono in realtà il risultato di sperimentazioni mirate a creare un logo distintivo, capace di lasciare un’impronta indelebile nei lettori. Come, ad esempio, fece la Campari che ha sempre giocato con il proprio nome, sfruttandone tutto il potenziale grafico. [1]

Lo stesso la Cinzano che arricchiva le proprie stampe circondando il logo da elementi grafici che richiamavano il prodotto, come i grappoli d’uva o cornici decorative; o il liquore Strega che presentava il marchio con caratteri cubitali. In una delle seguenti immagini, firmata da Giuseppe Cappadonia, vediamo il nome che diventa la base per una scena creativa: camerieri camminando sul bordo delle lettere, portando il liquore su dei vassoi cercando di mantenere l’equilibrio. Particolarmente ironica è la pubblicità in cui la scritta “Vov” è circondato dall’immagine della vite. Tuttavia, invece di un grappolo d’uva tipico delle pubblicità vinicole, il grappolo è composto da uova, rafforzando il messaggio pubblicitario, e rendendo chiaro che a differenziare il prodotto da quelli presenti sul mercato è proprio il suo ingrediente principale: vovi. [2]page136image30526512

In alcune stampe, il nome è accompagnato dai simboli dei brevetti ottenuti dalle casate Reali o il riconoscimento di fornitrice pontificia. Queste riconoscenze rappresentano un vanto per le aziende, tanto che spesso non si limitavano a inserire i simboli, ma venivano creati dei manifesti in cui tali riconoscimenti diventavano l’oggetto principale e il messaggio chiave da trasmettere ai potenziali acquirenti. Ad esempio, la Campari ha promosso il suo prodotto attraverso un comunicato ufficiale firmato dal maggiordomo del Papa e dal Prefetto dei palazzi apostolici, mentre lo Strega dimostrava la sua presenza nel menu del Re alle Delegazioni della Conferenza di Genova.

Il prodotto protagonista

Nelle seguenti pubblicità, il prodotto era spesso messo in evidenza, diventando il protagonista della scena. Le bottiglie e le loro etichette avevano una serie di elementi grafici che comunicavano le qualità e le caratteristiche del prodotto, senza affidare solo alle parole il compito di trasmettere il messaggio pubblicitario. Come, ad esempio, la bottiglia del Cordial Campari, caratterizzata dalla presenza delle greche sopra e sotto l’etichetta e dalla forma ricercata del collo. Il cordiale alcolico è fra i primi liquori ad affermarsi nell’uso famigliare, appartiene a una produzione nobile, e questa connotazione si riflette anche sulle bottiglie del Cordial Campari. [3]


Le pubblicità, per l’azienda hanno lo scopo di affermare il carattere antonomastico dei due brands, il Bitter e il Cordial, in modo da sostituire il nome generico del prodotto a quello del produttore. [4] Anche Vov pubblica nella rivista diverse pubblicità in cui è presente esclusivamente l’iconica bottiglia in ceramica bianca, con la sua etichetta immutata da decenni, in cui la scritta tridimensionale “Vov” è sovrapposta alla stilizzazione della Basilica di Sant’Antonio di Padova, [5] sottolineando la provenienza del prodotto. Spesso la bottiglia è accompagnata da ulteriori elementi: il consiglio di consumo “Chiedetelo Caldo”, invitando a gustare il prodotto in una modalità specifica che esalta il suo sapore; oppure sottolineando la qualità del prodotto descrivendolo come “Il miglior Ricostituente”, mettendo in risalto le proprietà benefiche e rinvigorenti della bevanda.


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Nelle pubblicità dello spumante Cinzano e del Florio, le bottiglie sono accompagnate dalla figura di un bambino. Sono due pubblicità semplici ed essenziali, in cui l’infante è raffigurato nudo, per Cinzano o in mutande con il bicchiere in mano, per Florio. In entrambe le pubblicità la presenza del bambino, nonostante il prodotto alcolico sia chiaramente indirizzato a un pubblico adulto, sembra suggerire un’immagine di purezza, paragonando implicitamente i prodotti all’innocenza dell’infanzia. Questo espediente visivo rafforza l’idea che il Vermouth Cinzano e il Florio Marsala siano, naturali, buoni e genuini, evocando qualità positive e rassicuranti
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In questi manifesti il peso della comunicazione è affidato principalmente alle immagini considerate più efficaci rispetto al testo. Le rappresentazioni delle bottiglie, ognuna con i suoi tratti distintivi e facilmente riconoscibili nel corso del tempo, assumono un ruolo centrale, diventando le vere protagoniste delle campagne pubblicitarie.

[1] Cfr. VITTORIO FAGONE, GIORGIO SIRIBALDI LUSO, Campari, la costanza dell’immagine. Iconologia della pubblicità di un’azienda italiana dal 1900 al 1980. Campari. 1980. p. 14.
[2] Cioè ‘uova’, in dialetto veneto. http://www.vovzabajone.it/storia. Consultato in data 17 maggio 2024.
[3] Cfr. VITTORIO FAGONE, GIORGIO SIRIBALDI LUSO, Campari, la costanza dell’immagine. Iconologia della pubblicità di un’azienda italiana dal 1900 al 1980. Campari. 1980. p. 45.
[4] « Iscrizione posta, secondo la tradizione, sulle colonne d’Ercole e divenuta poi motto proverbiale. […] Nel linguaggio comune l’espressione è usata per indicare il limite estremo che si può raggiungere.» https://www.treccani.it/vocabolario/non-plus-ultra/. Consultato in data 20 aprile 2024.
[5] FASCE, BINI, GAUDENZI, Comprare per credere. La pubblicità in Italia dalla Belle Époque a oggi. Carrocci editore, 2019. p. 31.
[6] Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Vov#Bottiglia. Consultato in data 17 maggio 2024.